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Fisioterapia

Con questa dispensa desideriamo offrire la possibilità di conoscere lo stato dell’arte attuale della fisioterapia. L’intenzione è quella di fornire le nozioni necessarie per affondare lo sguardo su quella che ormai è una realtà di fatto, in modo tale possiate orientarvici.

Riporto di seguito un estratto essenziale della definizione del fisioterapista.

Il fisioterapista è un professionista della Sanità in possesso della Laurea che, una volta superato l’esame di Stato, lavora sia in collaborazione con il Medico e le altre professioni sanitarie, sia autonomamente, in rapporto con la persona assistita, valutando e trattando le disfunzioni presenti. Il fisioterapista elabora il programma volto all’individuazione ed al superamento del bisogno di salute del disabile; rieduca disabilità motorie, psicomotorie e cognitive utilizzando terapie fisiche, manuali, massoterapiche e occupazionali; propone l’adozione di protesi ed ausili, ne addestra all’uso e ne verifica l’efficacia; verifica le rispondenze della metodologia riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero funzionale.

La fisioterapia influenza la funzionalità motoria dell’uomo. Valuta i disturbi funzionali, le limitazioni nell’attività e nella partecipazione (ICF; WHO 2005) e pertanto assume un ruolo curativo, preventivo, educativo, palliativo e di trasformazione (KNGF 1998).

La storia della fisioterapia è recentissima e molto imprecisa. Da sempre la terapia esiste sotto forma di stregoni, “tiraossi”, anziani con doni particolari che lavorano anche ai giorni nostri producendo spesso danni enormi (ricordiamo che i nervi non escono e non si accavallano). Ciò è sempre stato legato alle tradizioni locali che sia in Italia, in Oriente o in qualsiasi altra parte del mondo. Se la medicina ha affrontato questi problemi più di duecento anni fa per la fisioterapia il confronto è ancora attuale.

Ad oggi l’orientamento della fisioterapia è quello, come in medicina, di basarsi su dati scientifici, quindi ripetibili, e a cui appartengono determinati valori di specificità e sensibilità. I Paesi in cui si presta più attenzione a tale percorso sono l’Inghilterra, la Francia, l’Italia, gli USA, l’Australia e la Nuova Zelanda.

Fin dalla sua nascita nel 1900 la fisioterapia si è nutrita delle intuizioni di diversi personaggi. Tutt’ora ogni fisioterapista si orienta a seconda della filosofia ispiratrice, al tipo di osservazione (posturale, distrettuale, globale ecc…) o alle proprie intuizioni. Un fisioterapista specialista di uno di questi “schemi”, però, assumerà una povertà di proposte che diventano inadeguate ai fini terapeutici per tutte quelle situazioni in cui un’altra strategia si rivela ottimale. Inutile dire che conoscere molte strategie rende il fisioterapista preparato ad affrontare molte situazioni diverse.

Il percorso logico che dimostrerà al paziente stesso la strada scelta o le eventuali seconde scelte sarà il ragionamento clinico.

La risposta del fisioterapista deve risultare chiara e proponibile a tutti i pazienti per offrire un servizio univoco e specialistico non riservato ad un numero più o meno ampio di fedeli devoti ad un credo terapeutico.

I campi di applicazione in fisioterapia sono molteplici: si ricorre al fisioterapista in ginecologia, cardiologia, pneumologia, ma soprattutto in neurologia e ortopedia. Le terapie, a seconda dell’intensità, si possono applicare ad ogni stadio patologico: dall’acutissimo al cronico, dal pre al post operatorio.

Le terapie che più di frequente vengono proposte in presenza di dolore o flogosi assieme alla fisioterapia sono l’utilizzo di FANS, cortisone o, in alcuni casi, l’operazione chirurgica.

Vado ora a presentare quali sono i tipi di proposte conservative e non farmacologiche che possono essere utilizzate.

PREVENZIONE

Da molto prima della messa in vigore della legge 626 la fisioterapia ha utilizzato come mezzi preventivi l’addestramento alla riduzione dei carichi, l’utilizzo conveniente delle leve, il risparmio articolare della colonna e molte altre soluzioni che possono rendere il lavoro o altre attività più sicure.

Inutile dire quanto importante sia, per un impiegato l’allineamento vertebrale nella posizione seduta, piuttosto che la progressione programmata dei carichi per una persona che si introduce alle attività fisiche oppure tutti quegli accorgimenti occupazionali come l’uso del leggio, del mouse verticale, dell’esercizio specifico ecc… che, con poche correzioni cambiano completamente l’esito delle sollecitazioni alle quali si sottopone l’individuo.

TERAPIA MANUALE

I trattamenti articolari sono i più approfonditi e ci si avvale di grandi professori del passato come:

METODO MAITLAND: si tratta delle più studiate e verificate mobilizzazioni e manipolazioni muscolo-scheletriche indirizzate a risolvere dolore e rigidità.

E’ il capogruppo tra i metodi che intendono mettere l’evidenza clinica e la valutazione analitica in rilievo perché ogni osservazione sia ripetibile e dimostrabile. Ha introdotto un metodo molto valido di comunicazione col paziente e di valutazione attraverso movimenti funzionali e combinati, test differenziali, comprensione di diversi tipi di dolore (lungo il range, a fine escursione, latente, irritabile ecc…). Le tecniche sono di tipo oscillatorio, completamente indolore e non includono nessun tipo di stretching. Gradi e ritmi di movimento si orientano a seconda dello stadio patologico e della priorità tra dolore e rigidità. Le tecniche Maitland si relazionano alle capacità innate del corpo di adattarsi ed adeguarsi ai disturbi patologici.

Dott. GEOFFREY MAITLAND

Perché il dott. Maitland è e rimane il riferimento mondiale per la struttura mentale del fisioterapista moderno. Possiamo introdurlo con il suo stesso vissuto.

Il giovane dott. Maitland, alle prime armi, decise che quello che proponeva ai pazienti non era sufficiente, non aveva i risultati che cercava. Prese a girare per il mondo alla ricerca dei terapeuti più bravi e studiando assieme a loro, imparò molto e scoprì altrettante cose straordinarie. Rimase sconvolto di quanto, ognuna delle persone conosciute fosse miope nel somministrare al paziente sempre la stessa terapia, generalmente quella con cui ognuno aveva più confidenza e di come, nelle occasioni senza risultato, nessuno fosse in grado di rimediare in modo preordinato o soddisfacente. Arrovellato da questi quesiti giunse alla formulazione di due elementi in grado di rispondere significativamente alla questione: il ragionamento clinico e la rivalutazione. Usandoli correttamente si è sempre in grado di capire cosa ha funzionato di più o di meno con misurazioni scientifiche e riproducibili oltre che confrontabili intra ed inter fisioterapista (quindi tra terapisti diversi o in tempi diversi). Il ragionamento clinico, prendendo in considerazioni tutte le ipotesi possibili nella valutazione soggettiva (schema ipotesi) è in grado di far fare un passo indietro e prendere in considerazione un’ipotesi che era stata scartata in prima analisi ma comunque presa in considerazione. La rivalutazione è invece in grado di capire se quella percorsa è la strada giusta.

Tra le parti più curate nella pratica Maitland c’è il linguaggio comunicativo. Il fisioterapista non domanderà mai al paziente “dove ha male?” perché questo presuppone che il paziente abbi qualche tipo di dolore, mentre invece potrebbe rivolgersi a noi per un formicolio, per una instabilità, per un bruciore ecc… La fatica di fare domande aperte, come un miglior:” come possa aiutarla?” o “sono tutto orecchie”… è una fatica che in questa pratica bisogna conservare in ogni minimo passaggio. Questo impegno dispendioso deve venir accompagnato dalla medesima fatica a conservare la mente aperta, ovvero a non organizzare preconcetti o indirizzare il percorso terapeutico dove ci sembra più ovvio o probabile, ma esattamente in una direzione costruita con i continui responsi che emergono dalla situazione del paziente.

Il ragionamento messo a punto da Maitland è rappresentato da due ambienti divisi da un muro di mattoni semi-permeabili. Il primo è determinato dalla teoria (in medicina si è scoperto meno del 30% del necessario) e comprende anatomia, fisiologia, neuropsichiatria, biomeccanica, patologia ecc… Questa parte non deve inficiare o impedire di vedere qualcosa nella parte più importante che è la clinica (perché è il paziente al centro del nostro interesse).

Quando valuto un problema non esiste un test esatto che dia esito positivo per un’unica struttura (o che sia in grado di scartarne un’altra), l’uso di questi due binari può esclusivamente sollevare delle ipotesi. Queste normalmente comprendono, per un problema in un determinato territorio, un’articolazione (ma anche la precedente o la successiva o la contro-laterale, o una della catena di carico o movimento), i muscoli coinvolti dalla dimostrazione funzionale (o dall’osservazione posturale), i nervi periferici o i meccanismi centrali, gli apparati viscerali o organi connessi o predisponenti o correlati ecc…può esserci compromissione della cute… nulla è dato per escluso né in prima istanza né in seguito. Tutto però va ordinato secondo un ragionamento logico e sequenziale.

L’esame soggettivo: sembra la cosa più banale del mondo ma chiedere al paziente qual è il problema, provarlo a descriverlo (profondo, superficiale, a barra, puntiforme, intermittente, continuo ecc…) e disegnarlo su di un foglio di carta è una cosa che in Italia fanno 3.000 fisioterapisti su 65.000.

Una cosa molto difficile da condividere con le figure mediche è il fatto che dopo un primo trattamento, al secondo appuntamento è importante rivalutare il sintomo e l’origine dello stesso qualunque esito possa avere avuto il primo trattamento. Non sarebbe strano che se ho trattato l’anca e ottengo dei risultati, per esempio, rivalutare il tratto lombare, la sacro-iliaca, il torace, ecc … non possa darmi risultati differenti dalla volta precedente. Nulla di strano, dovrò quindi ottenere risultati migliori da un altro distretto (in modo che ad ogni trattamento le mie attenzioni vadano al livello più responsabile dei sintomi o con più margine). Questo fa in modo che la struttura ritenuta responsabile in prima seduta non sia la stessa della quarta, scostandoci così dalla granitica diagnosi medica.

Inutile dire quanta importanza bisogna dare alle cautele, alle indagini, alle patologie pregresse, ai comportamenti dei sintomi delle 24 ore e a centinaia di altri dettagli per i quali ognuno individuare una struttura piuttosto che un’altra oppure può produrre la differenza tra il buon risultato ed un buco nell’acqua.

Innovativo è stato poi (e continua ad esserlo) la capacità di collocare la situazione contingente del paziente a seconda della sensibilità e dell’irritabilità. Il medesimo ottimo trattamento in una determinata fase è performante mentre in altre diventa controproducente così come il medesimo trattamento deve essere eseguito col paziente in posizione fetale piuttosto che nella esatta posizione in cui vengono riprodotti i sintomi del paziente.

La differenza tra un massaggiatore ed un fisioterapista è che il primo fa mentre il secondo sente. È proprio nella fase valutativa che, i test per capire i dettagli della situazione, diventano poi essi stessi trattamento da rivalutare in continuazione.

• METODO CRANIO-MANDIBOLO-FACCIALE: origina dal filone Maitland, questa serie di manovre sono rivolte a problemi inerenti il mal di testa, alterazioni mandibolari, acufeni e quant’altro riguardi il cranio ed i suoi rapporti con gli altri distretti.

• KALTEMBORG: normalizzazione dei rapporti articolari con scorrimenti su diversi piani di movimento relazionandoli alle leggi di concavo-convesso (leggi di biomeccanica).

Questo collega matura una delle prime intuizioni per la quale spesso la limitazione articolare è dovuta ad un errato rapporto tra rotolamento e scivolamento articolare. La superficie articolare convessa, durante il movimento, rotola in un senso e scivola in quello opposto mentre la superficie concava rotola e scivola nello stesso senso. La tecnica terapeutica mira a recuperare gli scivolamenti e tramite tre gradi di trazione utili, a seconda della forza impressa, ad annullare le compressioni, mettere in tensione i tessuti peri-articolari o la capsula per indicazioni di resistenza e rigidità.

• CYRIAX: insieme di tecniche ortopediche per identificare, tramite un’accurata diagnosi, il tessuto responsabile della sintomatologia. Si avvale di diverse competenze terapeutiche per il recupero tra le quali la manipolazione ed il massaggio profondo traverso (MPT).

Questo metodo introduce per la prima volta in medicina il concetto di dolore riferito per cui una lesione può proiettare il sintomo in una zona lontana dall’origine ma nello stesso dermatomero generalmente distale. Il tipo di diagnosi di Cyriax si basa sull’esame funzionale selettivo improntato sull’anatomia patologica delle strutture inerti e contrattili. Dei movimenti si analizza la sensazione finale fisiologica (dura, morbida o elastica). Le limitazioni le integra in un quadro capsulare (che rivela artrite o artrosi) o non capsulare (aderenze, disfunzioni, limitazioni extra-articolari.

Le soluzioni terapeutiche proposte da questo metodo sono l’infiltrazione (di competenza medica), il massaggio profondo trasverso (MPT) e la manipolazione o mobilizzazione. Il MPT ripristina la mobilità del tessuto leso, porta un notevole afflusso ematico con veloce smaltimento dei cataboliti cicatriziali. La manipolazione si utilizza per rompere le briglie aderenziali, ridurre un distacco intra-articolare, ridurre una sub-lussazione o lussazione, ottenere uno stiramento capsulare, muscolare o tendineo.

• MC KENZIE: sistema utilizzato esclusivamente per le patologie vertebrali con inerenza agli spostamenti discali in forma di protrusione o ernia che riferiscono come dolore proiettato.

Questo approccio individua nella terapia meccanica l’unico rimedio ad una patologia di tipo meccanico. Distingue tre tipi di sindromi: posturale, in cui il dolore scompare solo cambiando posizione; disfunzionale, causato dalla deformazione dei tessuti accorciati adattativamente, il dolore cessa quando si leva la sollecitazione dal tessuto; derangement, ossia spostamento di un corpo libero per cui il dolore è pressoché costante soprattutto in fase acuta. Se la terapia per la prima sindrome sarà risolvere i problemi posturali, per la seconda si dovrà allungare i tessuti accorciati mentre per la terza bisogna influenzare il movimento del corpo libero in modo non crei più conflitti tissutali. L’approccio terapeutico è simile per i tratti cervicale, lombare e toracico anche se quest’ultimo è semplificato dall’alta stabilità fornita dalla gabbia toracica.

• MULLIGAN: metodo che sfrutta il movimento attivo del paziente coadiuvato dallo spostamento delle superfici articolari per mano del terapeuta, con l’obiettivo di ottenere la fisiologica escursione articolare. Importante soprattutto per i blocchi articolari, i movimenti dolenti, l’ipermobilità o anche i dismorfismi (alluce valgo).

Il movimento fisiologico eseguito dal paziente viene assistito dalla correzione dei movimenti accessori da parte del fisioterapista attraverso un “glide” (spostamento delle superfici articolari) per restituire lo scorrimento articolare ai propri “binari”. I risultati devono avere una rispondenza immediata anche per intuire la correzione più opportuna. Sappiamo che lo scarico afferente articolare e l’ottimo reclutamento muscolare sono intimamente collegati tra di l’oro. Un movimento articolare anomalo può essere limitato da un’attività riflessa muscolare, la quale previene ulteriori danni e riduce la scarica dei nocicettori, bloccando l’articolazione a metà escursione. Questo ci suggerisce che il trattamento rivolto a ristabilire i normali rapporti articolari ha una diretta influenza sull’attività muscolare e viceversa.

• POMPAGE: consiste nella distrazione dei tessuti contratti e congestionati per ottenere una buona mobilità. L’alternanza di allungamento e rilascio determina una buona risposta dei tessuti articolari e periarticolari con esito normalizzante rispetto la tensione intrinseca degli stessi.

La tecnica mira anche alla fascia, tessuto fibroso costituito da lamine, setti e aponeurosi che si relazionano in piani di clivaggio offrendo continuità, sequenzialità e globalità a tutti i tessuti. Per la loro natura in continuum un’alterazione dell’equilibrio funzionale di un distretto ha conseguenze in tutto l’organismo. Il trattamento della fascia viene impiegato per stimolare la circolazione, per ottenere un rilasciamento muscolare o a livello articolare per nutrire le cartilagini con spostamenti di compressione e decompressione.

Tessuto muscolare e connettivale

Per quanto riguarda la terapia indirizzata unicamente al tessuto muscolare e connettivale abbiamo:

•TRIGGER POINT (PT): sono una serie di punti all’interno di bandellette contratte nei muscoli molto sensibili. Le caratteristiche più particolari dei PT comprendono la distribuzione topografica tipica del dolore proiettato dal punto trigger e, all’esame, una dolenza circoscritta, il PT, localizzata in una bandelletta palpabile, contratta, di fibre muscolari, all’interno di un muscolo accorciato ed indebolito. I principali sintomi sono la proiezione del dolore miofasciale dal PT a zone topografiche specifiche, caratteristiche di ogni muscolo. L’espansione delle zone dolorose dipendono dall’irritabilità del PT e non dalle dimensioni del muscolo. I PT sono attivati direttamente dal sovraccarico acuto, dall’affaticamento da lavoro eccessivo, dal trauma diretto o dal raffreddamento, ma anche da afferenze della sua zona di proiezione, da altri PT, da malattie viscerali, da articolazioni artrosiche e da alterazioni emotive. Le situazioni di attivazione sono: l’accorciamento prolungato del muscolo, il suo raffreddamento specialmente da affaticato e malattie virali. Rispondono al trattamento con allungamento e spruzzo di ghiaccio spray. La compressione ischemica, lo stripping, l’impastamento ed il massaggio vibratorio possono essere efficaci. L’infiltrazione di anestetici richiede meno precisione dell’ago a secco (dry needeling). L’applicazione a bassa intensità di ultrasuoni inattiva i PT.

• MASSAGGIO: il metodo più antico per lenire il dolore o l’affaticamento è ancora oggi utilizzato soprattutto per gli stadi meno evidenti delle patologie muscolari. Rimane comunque molto importante per il rilassamento o la preparazione sportiva. Oggi resta una tecnica molto importante che però va interpretata in modo molto diverso essendo, a tutti gli effetti, una terapia ad indirizzo quasi esclusivamente cutaneo. Questo non la riduce a terapia minore in quanto il ruolo cutaneo, dal punto di vista mappatorio, riflesso e impedenziale resta un ruolo di primaria importanza per il ripristino della fisiologia dei tessuti sofferenti, anche se profondi.

• MASSAGGIO CONNETTIVALE: è una tecnica di tipo riflesso che consente delle modificazioni terapeutiche in ogni regione, in particolare viscerale, attraverso la stimolazione della loro proiezione sul dorso.

Per comprendere questo metodo pensate a quando si è mangiato tanto e si cerca di “migliorare” il senso di pesantezza mettendo la mano sulla pancia. E’ facile intuire che non può essere la mano a scaldare l’intestino e favorire la digestione ma il frutto di un effetto riflesso. Con esattezza il massaggio del connettivo può influenzare direttamente in sede il tessuto cicatriziale, regolare il circolo ematico e linfatico ma anche, attraverso impulsi nervosi e riflessi, può provocare reazioni di organi molto lontani. L’aumento della tensione della cute e del sottocutaneo soggiacciono a regolazione nervosa. Questo fenomeno insorge in coincidenza con altri sintomi dolorifici e riflessogeni che si possono attribuire alla medesima sindrome.

• LINFODRENAGGIO: molto utilizzato in campo oncologico ma anche ortopedico. Il suo funzionamento è puramente meccanico per cui sfruttando a ritroso il percorso linfatico e le sue tappe presso le stazioni linfatiche, caratterizzate da raccolte organizzate di linfonodi, si premono i tessuti periferici imbibiti di liquidi per poterli drenare verso il centro. La terapia utilizza, oltre la pressione manuale, anche la posizione declive della parte trattata e compressione globale e duratura di una fascia elastica. Sarà poi il bendaggio nelle 24 ore a determinare la stabilità dei risultati.

tessuto nervoso

Anche il tessuto nervoso è trattato attraverso:

• NEURO-DINAMICA: utilizza lo scorrimento dei nervi periferici per risolvere impacci meccanici, a volte anche minimi, che danno una sintomatologia molto seria. E’ il caso del tunnel carpale, per cui delle restrizioni nervose portano a gonfiore e dolore costringendo spesso a ricorrere alla sala operatoria. Neuro-dinamica inoltre si utilizza abitualmente nelle sindromi sciatiche e crurali, nelle sofferenze epicondilari e qualsiasi altro distretto in cui l’interfaccia neurale sia interessata.

David Butler, fisioterapista australiano ha intuito il comportamento delle patologie del sistema nervoso periferico ed ha saputo ottimizzare un sistema terapeutico molto utile nella pratica comune. Il principio per il quale il nervo ha una scarsa capacità di allungamento rispetto a quella di scorrimento ha molto effetto sia nei test di differenziazione che nel trattamento. Per cui l’esame andrà ad individuare quali sono le parti del nervo che creano briglie aderenziali nei confronti delle interfacce tissutali che incontra ed il trattamento con movimenti appropriati le andrà a risolvere. Questo metodo inoltre ha apportato una serie di suggerimenti posturali e precauzionali innovativi e molto utili.

Materiali

Tra i supporti tecnici spesso la fisioterapia si serve di:

• Bendaggio funzionale: si tratta di fasciature che, in presenza di traumi o reazioni flogistiche importanti, escludano ad un’articolazione quei movimenti che provocano il dolore lasciandola libera per i rimanenti. E’ un presidio importantissimo ma quasi esclusivamente riservato agli sportivi in quanto la tollerabilità, nel conservare il bendaggio è nell’ordine delle poche ore. Fossero necessari stabilizzazioni di alcuni giorni è corretto ricorrere al tutore.

• Kinesio tape: utilissimo per smaltire i ristagni interstiziali come ematomi, ma anche per la guida meccanica che mette a disposizione stimolando il sistema neuro-muscolare e neuro-sensoriale considerando non solo le proprietà contrattili del muscolo ma anche venoso-linfatiche e le sue connessioni riflesse. Le sue peculiarità riguardano la possibilità di sostenere meccanicamente l’articolazione trattata, drenare gli edemi e guidare la coordinazione dei movimenti. Il vantaggio veramente importante è che ha la medesima elasticità della cute e, assecondandone i movimenti può rimanere, e quindi funzionare, per più di cinque giorni consecutivi.

TRATTAMENTO NEUROLOGICO

• Bobath: essenzialmente utilizzato per il paziente neurologico sviluppa le tecniche più idonee atte ad ottenere la massima resa funzionale per le esigenze più comuni della vita quotidiana. Offre spesso le soluzioni più convenienti nei capitoli di ergonomia e compensazioni.

• Perfetti: serie di principi fisiologici al servizio del recupero propriocettivo e della coordinazione. Indispensabile ed utilizzatissimo in ambito neurologico, soprattutto per l’adulto ma molto utile anche nelle problematiche ortopediche. E’ fondato sul principio della richiesta informativa da parte del cervello alla periferia e viceversa, costringendo l’infoltimento delle fibre nervose atte a migliorare il movimento.

I due concetti tra loro sono diametralmente opposti ma entrambi efficaci. Se il primo mira al recupero funzionale assoluto e veloce utilizzando ogni tipo di compenso, il secondo ricerca essenzialmente il miglior recupero anatomico anche a costo di ritardare di molto l’ottenimento di traguardi come la posizione seduta o la stazione eretta.

TERAPIE ALTERNATIVE

• Chiropratica, osteopatia, agopuntura, shiat-zu, ecc… sono discipline che, non vengono più prese in considerazione dagli istituti scientifici in quanto i loro risultati sono ampiamente superati dalle metodologie comprovate e condivise con la comunità scientifica internazionale.

RIEDUCAZIONE, POSTUROLOGIA ed ESERCIZIO TERAPEUTICO

Comprende i più classici fra esercizi ed addestramenti per riproporre le esecuzioni di gesti quotidiani o sportivi perduti in seguito ad una disfunzione. Si mira quindi al riadattamento muscolare e coordinativo attraverso percorsi monitorati ed esecuzioni semplificate fino a raggiungere i movimenti più impegnativi. Ci si serve di attrezzistica che comprende clavette, pedane instabili, palle mediche, elastici, attrezzi propriocettivi, Red Cord, GTS, Kinesis e molto materiale ancora.

• KINETIC-CONTROL: è un programma insostituibile per tutte quelle problematiche legate all’instabilità come può essere la spondilolistesi, i prolassi discali o qualsiasi lesione legamentosa o sub-lussazione. Si tratta di un addestramento completo e peculiare per la stabilità del distretto in carico che riordina i ruoli tra muscoli stabilizzatori e muscoli mobilizzatori. La sua più grande promotrice in medicina è la dottoressa:

dott.ssa SHIRLEY SAHRMANN

concetti del Sistema di Movimento si basano sulla visione del movimento come una funzione complessa, prodotta dall’interazione di diversi organi e sistemi, e per questo paragonabile a qualsiasi altro sistema fisiologico del corpo umano. La premessa teorica principale è che i movimenti ripetuti e le posture prolungate causino alterazioni, anche minime, nella precisione del movimento. La diminuita precisione genera microtraumi ai tessuti articolari e periarticolari e, se non interrotta, conduce a macrotraumi e dolore. Questa affermazione è alla base del modello kinesio-patologico, in cui il movimento alterato danneggia i tessuti e causa il dolore, e può meglio interpretare il dolore muscolo-scheletrico di origine non traumatica.

Per quanto riguarda il capitolo trattamento non potranno più mancare all’interno del piano terapeutico del fisioterapista i seguenti punti:

•La correzione delle disfunzioni del movimento durante l’esecuzione di attività funzionali, lavorative e ricreative.

•L’inserimento degli esercizi nelle attività quotidiane.

•Far capire al paziente come controllare attivamente i fattori che producono i suoi sintomi in modo che non diventi dipendente da un trattamento passivo del sistema di cura.

La Dott.sa Sahrmann, pioniere internazionale nel promuovere i concetti del Sistema di Movimento, vorrebbe inoltre che la valutazione annuale fatta da un Fisioterapista possa diventare una routine al pari di una visita dentistica. “Muoviti bene, e diminuirai le probabilità di infortunio – sia che tu sia un atleta olimpionico o un campione del divano!”

• PACING: è la somministrazione di ripetizioni, dosaggio e sovrapposizione di esercizi terapeutici al fine di rimodellare la composizione istologica dei tessuti danneggiati o sofferenti. È l’unico strumento ad altissimo riscontro scientifico a disposizione degli atleti (indistintamente amatori o agonisti). Portavoce di tale disciplina, in particolare per quanto riguarda il capitolo dei tendini è la dottoressa:

dott. ssa JILL COOK

Problemi tendinei sono comuni negli sportivi e possono diventare un problema persistente, se non trattati adeguatamente. Negli ultimi anni la nostra comprensione della tendinopatia è cresciuta, ora sappiamo che in realtà non è un processo infiammatorio (non sono tutte tendiniti!) e che il carico gioca un ruolo importante. Sappiamo anche che è rilevante determinare la ‘fase’ della tendinopatia, questo avrà una grande influenza sulla gestione della stessa.

Jill Cook e Craig Purdam, fisioterapisti australiani, sono stati in prima linea nelle ricerche sulla tendinopatia negli ultimi anni. La loro revisione della letteratura scientifica del 2009 ha delineato un modello che descrive 3 diversi stadi di tendinopatia: tendinopatia reattiva, lesione tendinea e tendinopatia degenerativa. Il trattamento varia notevolmente tra questi stadi. Molti corridori hanno sentito parlare di esercizio “eccentrico” per i problemi tendinei. Questo probabilmente potrebbe peggiorare le cose in una tendinopatia reattiva, ma potrebbe aiutare nella fase degenerativa – questo è il motivo per cui la fase è così importante! Se non si identifica la fase giusta si potrebbero peggiorare le cose!

Identificare la problematica esatta, la situazione istologica, la fase patologica, la tollerabilità al carico, monitorare la progressione di questi e introdurre compressione, frizione e fenomeno molla sono le parti di un complesso programma insostituibile col “fai da te”.

• PANCAFIT è uno strumento oramai verificato che sfrutta le didattiche provenienti da Mezieres, RPG, metodo tre squadre e Souchard; studia esclusivamente i difetti di postura prestando enorme importanza alla catena cinetica posteriore la quale, se accorciata o mal gestita, costringe ad atteggiamenti forzati che offrono un terreno fertile per molte patologie muscolo-scheletriche.

L’osservazione principe nasce sui compensi che il corpo attua una volta ripristinata una lordosi. Tali compensi, se corretti, portano ad ulteriori compensi. In base a tali risultati si sono definite le risposte di tante regioni, anche in catene cinetiche lontane, ossia gruppi muscolari che attraversano il corpo e si comportano sinergicamente tra le quali merita attenzione particolare la catena cinetica posteriore (CCP). La terapia provvederà a detendere tali catene secondo i dati raccolti nell’esame posturale, interviene inoltre sui disturbi posturali anche attraverso la psicoanalisi del corpo per la quale le sofferenze emotive possono diventare fisiche e disturbare la statica.

• POSTUROLOGIA APPLICATA: prende in considerazione i recettori podalici, oculari, stomatognatici, la simmetria della postura ed eventuali ostacoli permettendo di andare al di là della risoluzione sintomatica della patologia. Questo per sviluppare una corretta ricerca delle cause che si trovano quasi esclusivamente nei difetti posturali. Questo tipo di lavoro può interessare in particolare gli sportivi dove l’impegno atletico mette frequentemente a rischio di recidive e poi soprattutto per ottenere gesti atletici sicuramente più potenti e precisi.

• IDROCHINESI: l’acqua è un’ottima opportunità terapeutica sia in campo ortopedico che neurologico. Si utilizza una temperatura molto alta per ottenere il rilascio muscolare. Inoltre l’assenza di gravità permette il recupero precoce degli schemi di movimento a carico progressivo. L’acqua offre una resistenza isocinetica ai gesti motori, quindi ideale per il recupero. Nelle limitazioni articolari, soprattutto di tipo neurologico o distrofico, si sfrutta l’assenza di gravità per aumentare in modo considerevole il ROM. In campo sportivo è un’opportunità essenziale in quanto permette la ripresa delle attività in modo estremamente precoce.

TERAPIA FISICA

E’ spesso la scelta elitaria per patologie croniche in cui l’obiettivo è quello di abbassare il livello algico e posticipare il più possibile l’inevitabile intervento chirurgico oppure per problematiche acute in cui ridurre il sintomo permette di lavorare sulla causa del problema più facilmente. Permette inoltre di modificare situazioni in cui il protagonista è il gonfiore, la componente infiammatoria, l’ematoma o in ambito sportivo per velocizzare i processi biologici e quindi tornare più velocemente sui campi di gioco. Le terapie fisiche più utilizzate sono:

• L’onda d’urto: piezoelettrica è l’unica a generare una “focalizzazione diretta” (Direct Focusing) rendendo superfluo l’uso di sistemi riflettenti. Grazie a questa tecnologia la superficie piatta della testa terapeutica offre un’area focale precisa e ben definita. Sembrano elementi ovvi ma è il tema attorno il quale lo sviluppo lotta da decenni. Un’onda sempre costante e perfettamente ripetibile, sono queste le caratteristiche alle quali l’ultima tecnologia è riuscita ad arrivare per poter ottenere con certezza l’effetto di cavitazione, ovvero il fenomeno con più alto esito sui tessuti colpiti.
Particolarmente indicate nel trattamento di: tendini (epicondilite, achilleo, rotuleo, dito a scatto, cuffia dei rotatori ecc…), fascia plantare, trocanteriti, sedi calcifiche, trigger muscolari, e molte altre problematiche.

Oltre che nel campo muscolo-scheletrico le onde d’urto trovano indicazione primaria anche in campo urologico, per le problematiche legate alle disfunzioni erettili.

Normalmente si eseguono 3 o 4 sedute. Possono sottoporsi anche portatori di protesi o pace-macker.

• ENF phisio (electroNeuroFeedback): genera forme d’onda che si modificano automaticamente al cambio di impedenza della cute secondo un algoritmo di compensazione, cioè secondo Retroazione (Feedback). Questo processo di regolazione continua della forma d’onda, porta ad un riequilibrio bio-elettrico della membrana delle cellule che formano i tessuti sottostanti.
A sua volta l’equilibrio raggiunto favorisce i processi di rigenerazione che i tessuti coinvolti sono in grado di esprimere secondo la gravità del danno e le potenzialità dell’organismo. Il processo di adattamento allo stimolo è ridotto grazie all’autoregolazione in seguito ad ogni micro-cambiamento.

• LASER-YAG 10.000 mj: è la foto-terapia di ultima generazione, bio-stimolante ad altissima energia. Si ottengono effetti antalgici non legati all’effetto termico ma alla produzione di ATP che evoca un potenziale d’azione analgesico all’interno della membrana nervosa. Per gli stessi processi vi è un effetto biostimolante con produzione di collagene e miglioramento del microcircolo. Molto utile per problemi del tendine, (epicondiliti, tendinopatia achillea) distorsioni, dolore in articolazione superficiali ecc… La lunghezza d’onda 975 corrisponde al cromoforo dell’emoglobina. Questa, quando passa sotto il raggio LASER è costretta a cedere l’ossigeno trasportato producendo un ottimo effetto antinfiammatorio locale.

• TECAR 905 (Trasferimento Endogeno Capacitivo e Resistivo): è una forma di ipertermia che ha un effetto bio-stimolante elevatissimo, vascolarizzante e quindi rigenerante (utile soprattutto in caso di lesioni muscolari, tratti ipo-vascolarizzati, impingement, congestioni…). Il calore prodotto, a differenza di altre terapie, è endogeno (quindi agisce in profondità) sfruttando il meccanismo del condensatore elettrico ad alta frequenza sena, come i vecchi infrarossi, alterare la cute o altri tessuti non coinvolti. Ciò determina un aumento della microcircolazione, con conseguente vasodilatazione e dunque un aumento della temperatura. Il macchinario è composto da apposite piastre di metallo che vengono posizionate sulla zona da trattare. Una funge da elettrodo passivo, una da elettrodo negativo. La corrente viene generata dalla differenza di potenziale elettrico scambiato 75.000 volte al secondo, sfruttando il principio fisico del condensatore. Ha un importante effetto lenitivo, riducendo di molto i tempi di recupero da infortunio sportivo, dopo la chirurgia o dopo un trauma.

•SIT (Sistema Infiltrativo Trans-dermico): ha la possibilità di introdurre fito-farmaci senza l’uso di aghi fino a 6 cm di profondità attraverso una corrente continua (quindi galvanica). Non produce iperemia e introduce solo macro-molecole, perciò i prodotti rimangono sempre nella sede trattata e non vengono dispersi (si usa per introdurre FANS direttamente nel tratto lombare o altre sedi, bromelina in occasione di edemi locali, acido ialuronico nelle articolazioni, muscoril nelle parti muscolari contratte, prodotti per l’estetica…).

• US (ultrasuoni 1-2-3 MHz): hanno un marcato effetto termico legata alla vibrazione delle strutture cellulari e intercellulari. L’azione delle onde innalza il livello di permeabilità della membrana cellulare e scompagina i tessuti cicatriziali cementati. I suoi effetti hanno una componente antinfiammatoria ed antalgica notevole.

• ELETTROTERAPIA (TENS, diadinamica, interferenziali, alto voltaggio ecc…) le correnti diadinamiche e le TENS utilizzano il fenomeno del gate-control e della liberazione endorfinica tramite la stimolazione di fibre nervose di grosso calibro per ottenere un franco effetto analgesico. La TENS inoltre, non avendo effetti galvanici, ha un’altissima tollerabilità. Le correnti interferenziali si fanno collidere per raggiungere tessuti più profondi.

• Elettrostimolazione: sono correnti quadrate che stimolano il tessuto muscolare. Risultano molto utile nei casi in cui un arto sia rimasto immobilizzato per lungo tempo o per paziente in particolari difficoltà nel recupero post-operatorio. Nei casi di denervazione si utilizzano correnti faradiche ma il loro utilizzo è molto discusso.

• Magnetoterapia: la si riserva per gli effetti biostimolanti soprattutto per lesioni cutanee, delle ossa e delle parti molli per quanto riguarda patologie come Sudeck, innesti ossei, algo-distrofie e, ovviamente, fratture.

Per quanto riguarda le ortesi spesso ci si affida alla confidenza che ha un operatore rispetto ad un altro magari con la capacità di confezionare splint su misura. Si utilizzano per vicariare la fisiologia dell’organismo in occasione di determinate funzioni. Tipico l’uso si tutori per la mano ma anche di plantari piuttosto che di bustini confezionati con il supporto del laboratorio.

CONCLUSIONI

Con questo abbiamo passato in rassegna la gran parte delle tecniche e degli strumenti a disposizione del fisioterapista (ne abbiamo escluse alcune perché estremamente selettive per determinati quadri clinici, come le disabilità vestibolari o perché troppo articolate come, ad esempio, Explain Pain). Ripeto: nessuno di questi metodi può essere considerato esaustivo, ma ognuno porta il suo contributo alla pratica professionale.

Per di più oltre alle tecniche sopra esposte bisogna relazionare gli obiettivi con lo stadio patologico, per cui in fase acutissima sarà importante un trattamento non irritante accompagnato da una terapia antiflogistica o ancora, in un post-operatorio bisogna prestare attenzione ad elementi con esigenze immediate come il recupero del carico e dei ROM, il trattamento delle cicatrici ed aderenze interne, o la risoluzione del gonfiore.

Spesso, una volta risolta la sintomatologia il paziente si ritiene soddisfatto ma se si desidera un risultato duraturo ed ottimale i risultati ottenuti devono confrontarsi con dei parametri di eleganza, endurance, propriocettività e libertà muscolare ed articolare. Oltre che con la presenza o meno di segni clinici eliminabili.

Sappiamo per certo che la mancanza di uno dei sopraelencati parametri facilita le recidive. Per libertà muscolare ed articolare si intende il raggiungimento dei valori fisiologici delle escursioni articolari e dell’estensibilità muscolare (anche dal punto di vista posturale). La propriocettività è la capacità del paziente di riconoscere la posizione di ogni suo segmento in modo da conservare l’equilibrio col minimo dispendio energetico possibile ed anche in presenza di disagi prevedibili o imprevedibili interni o esterni. Infine con eleganza si intende la disponibilità di molteplici soluzioni di movimento armonico per lo stesso gesto motorio.

Se la gamma di soluzioni a disposizione è ampia ogni passo sarà diverso dall’altro e perfettamente adattato al suolo, al carico all’inerzia e ad ogni altro parametro che intervenga nel gesto. Per rendere l’idea di povertà di soluzioni prendiamo in considerazione il culturista che allena la propria motricità con schemi fissi ed impostati e che quando cammina si adatta poco al suolo rispetto ad una ballerina estremamente abituata a gestire i carichi e le inerzie in situazioni instabili, perciò costretta ad escogitare un gran numero di soluzioni. Il primo avrà nel cammino un’andatura stereotipata e rigida, la seconda invece sarà più armoniosa ed elegante, manifestando ottima adattabilità e minor incidenza di rischio.

Si ritiene, infine, che nella cura di problemi del sistema neuro-muscolo-scheletrico (soprattutto se cronici) è necessario accentuare, durante il trattamento, la riabilitazione dell’intolleranza e della percezione della disabilità, piuttosto che concentrarsi unicamente sulla riduzione dei processi pato-biologici in atto.

Come già detto, seppur giovane, la disciplina fisioterapica si avvale di numerose opportunità, a volte molto vicine all’ambiente medico ed altre volte del tutto originali.

dott. Claudio Mulè
dott. Andrea Pagotto
FISIOTERAPIA MULE’

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