Colpo di frusta
Siamo in tanti ad essere stati coinvolti una o più volte in piccoli o grandi incidenti stradali. In un primo momento si pensa d’essersi salvati con i soli danni materiali alla vettura. Qualche giorno o settimana dopo vengono alla luce le vere conseguenze del trauma subìto: rigidità e dolori alla colonna cervicale, mal di testa, giramenti di testa, annebbiamento della vista, nausea, disturbi cervicobrachiali e formicolii alle dita delle mani.
Come funziona il meccanismo del colpo di frusta? Molto spesso assistiamo alla TV ad immagini di prove di sicurezza delle autovetture per dimostrare l’efficacia degli “air bag”. A causa dell’ impatto frontale il passeggero viene catapultato in avanti, battendo verso il parabrezza anteriore, per poi essere buttato indietro. L’industria automobilistica ha reagito molto bene alla prevenzione dei danni causati da questi movimenti. L’appoggiatesta è la prima e l’air bag la seconda invenzione valida. Quando l’impatto d’un tamponamento avviene dal di dietro, il meccanismo si rovescia: prima si verifica l’ iperestensione del collo, dopo l’iperflessione. Il movimento in avanti e indietro è analogo a quello della coda di una frusta, da cui deriva il nome del meccanismo infortunistico al collo, il “colpo di frusta”. Secondo la posizione della testa e della direzione dell’incontro, l’impatto viene in direzione obliqua o laterale, direzioni in cui il rachide è molto vulnerabile a causa della specifica goniometria delle articolazioni apofisarie. Anche se nella maggioranza dei casi i legamenti che avvolgono e proteggono la colonna cervicale non vengono strappati completamente, vengono con il colpo stirati, allungati e parzialmente lesionati. Raramente si fratturano delle piccole articolazioni cervicali, i corpi vertebrali o i dischi intervertebrali. I sintomi del “colpo di frusta” si accusano anche in altre occasioni traumatiche: da colpi nello sport, per esempio dal calcio, dal rugby, in occasioni di cadute da sci, da bicicletta o dopo semplici scivolamenti.
In seguito alla distorsione si assiste alla contrazione dei muscoli paravertebrali e flessori del capo che comprimono il rachide. Il risultato è quello di un accorciamento dei muscoli e nel contempo della rettilineizzazione del collo con compressione del rachide, collusione delle articolazioni intervertebrali e alterazione dei due sistemi otovestibolare e oculomotore.
Poiché le afferenze propriocettive cervicali si integrano con il sistema vestibolare ed oculomotore, contribuendo alla rappresentazione dello schema corporeo nello spazio ed allo sviluppo di riflessi posturali, la muscolatura del rachide cervicale, che reagisce contraendosi, si trova a far parte di un circuito chiuso afferente ed efferente in cui intervengono il sistema vestibolare ed il sistema visivo. E’ comprensibile, pertanto, come i disturbi derivanti da una alterazione di questi sistemi, dovuta alla distorsione cervicale, sia responsabile della genesi di un corteo sintomatologico da attribuirsi a tali apparati che all’apparenza sembrerebbero essere disgiunti dalla distorsione a carico di tale tratto rachideo.
Nei classici casi di distorsione meno gravi si potranno avere soltanto danni legamentosi da stiramento e contusione delle strutture articolari, causati dallo scivolamento delle vertebre, con edema locale e contrattura muscolare da riflesso protettivo. Nei casi più gravi, di competenza traumatologico-chirurgica, si possono verificare rotture dei legamenti, erniazioni discali, fratture vertebrali.
Inoltre molta attenzione va attribuita a questo segmento corporeo in relazione al fatto che la complessità delle sue 37 articolazioni e dei suoi 600 movimenti all’ora rendono il collo espressione della persona, delle sue capacità vitali e sensoriali.
EPIDEMIOLOGIA
Al secondo posto, dopo quelle lombo-sacrali, le sindromi cervico-brachiali sono le più diffuse patologie dolorose di origine muscolo-scheletrica o neuro-muscolare. Esse colpiscono tutte le fasce di età, anche se si è notata una certa prevalenza nei giovani, e la loro incidenza, notevolmente aumentata negli ultimi anni, è da imputarsi soprattutto al moderno stile di vita, all’incremento dell’uso di autoveicoli e all’attività sportiva.
Una vita sedentaria con:
- conseguente flaccidità ed ipo-dinamia muscolare;
- l’uso dei mezzi di trasporto responsabili di micro-traumi, specie con meccanismo da accelerazione o decelerazione;
- gli squilibri posturali;
le spondilosi da deterioramento strutturale del disco; - le spondiloartrosi interapofisarie
possono favorire le distorsioni quando si verifica l’evento traumatico.
I due incidenti tipici sono:
- l’urto frontale
- il tamponamento
Le due possibilità sovraesposte hanno schemi lesivi simili con ipermovimenti invertiti. La grossa differenza, presente con più probabilità nella seconda occasione, sembra essere legata alla preparazione all’impatto, da parte del guidatore, piuttosto che il trovarvisi impreparato all’impatto.
Test sperimentali pongono una relazione fra violenza dell’urto e tipo di lesioni ad essa attribuibili secondo delle scale internazionali di riferimento. I dati indicano in almeno 8 km/h la variazione di velocità del veicolo tamponato ed in almeno 4 g l’accelerazione passiva subita dal capo del passeggero, la cosiddetta soglia minima per produrre lesività, a partire da questi valori, attribuisce agli urti la possibilità di generare “colpi di frusta “.
Le sintomatologie possono avere anche distribuzione a distanza:
- disturbi cervicobrachiali (dolori che si irradiano dal collo al braccio fino alla mano);
- formicolii e/o insensibilità alle dita delle mani;
paresi e paralisi (mancanza della forza - specie di prensione delle dita della mano);
la sindrome miofasciale reattiva di uno o entrambi i muscoli trapezi superiori.
Tali disturbi in più si arricchiscono di molteplici sintomi neurovegetativi:
- annebbiamento della vista o luccichii agli occhi;
- disturbi uditivi come ipoacusia, o ronzii o la sensazione di orecchio tappato;
- nausea e vomito;
- mal di testa, giramenti di testa. Le vertigini possono sfociare in una sindrome vertiginosa anche di rilevante entità.
Fattori che influenzano la gravità della distorsione cervicale.
Bisogna aver presente infine che ogni colpo di frusta è unico per se stesso; infatti sono parecchi i fattori che possono diversificare un caso dall’altro: l’età, il sesso, la dinamica dell’incidente, la gravità dell’impatto, il modo in cui è stato affrontato, le condizioni osteoarticolari, la validità della muscolatura cervicale, lo stato dei legamenti e dei dischi intervertebrali, la direzione dell’impatto e la velocità al momento dell’incidente.
Componente psicologico-affettiva.
La sindrome da colpo di frusta è una condizione che interferisce negativamente sulla qualità di vita; il quadro di compromissione che ne risulta sembra rispecchiare in parte i dati presenti in letteratura circa l’evoluzione e il ruolo esercitato dalle diverse componenti, somatica e psicologico-affettiva. Dal momento che i sintomi tendono a persistere mesi o anni, anche se attenuati dopo le cure, spesso associati a classici disturbi neurovegetativi, non ben chiari al paziente, che non riesce a giustificarne la correlazione, la componente psicologica sfocia non raramente in una sindrome depressiva e si manifesta, nella maggior parte delle persone, la propensione ad attribuirli a mali cerebrali di rilevante entità, che il medico non è, a suo modo di vedere, in grado di riconoscere. Inoltre c’è la tendenza da parte di familiari e amici a minimizzare i sintomi non comprendendone l’attinenza e imputando al paziente delle assurde fantasie ossessive, esasperando ulteriormente la sindrome depressiva riferita.
Chiunque avverta cervicalgia, dolori alla nuca e irradiati ai muscoli trapezi superiori, spesso con brachialgia e disestesie alle mani, o dei sintomi neurovegetativi che potrebbero essere attribuiti alla colonna cervicale, dovrebbe chiedersi se ha subito incidenti stradali, incidenti in corso di attività ginniche o cadute con trauma al capo o alla colonna cervicale anche se spesso sono da imputare a problematiche croniche ad evoluzione lenta
DIAGNOSTICA CLINICA E STRUMENTALE
La visita ortopedica del tratto cervicale comprende l’esame della mobilità cervicale, la palpazione statica e dinamica dei singoli metameri che rileva la loro mobilità, i riflessi dei nervi derivanti dalla colonna cervicale, l’integrità del flusso sanguigno.
Solo in casi specifici un esame specialistico più approfondito neurologico, vascolare o otorinolaringoiatrico sarà necessario.
La diagnosi si fonda sulla storia clinica, sul meccanismo del trauma, sui sintomi e sull’esame obiettivo.
Sarà spesso opportuno sottoporre il paziente ad una radiografia (RX) del rachide cervicale che generalmente, nelle proiezioni antero-posteriori e latero-laterali, è sufficiente per dare un quadro dello stato della colonna vertebrale, cioè delle parti ossee e soprattutto dell’atteggiamento che si manifesta dopo la distorsione mettendo in evidenza la rettilineizzazione più o meno chiara del tratto di rachide in esame o, addirittura, l’inversione della fisiologica lordosi nei casi più importanti. Si ritiene che una semplice radiografia della colonna cervicale debba essere eseguita ogni qualvolta si manifesti il meccanismo distorsivo ricordato anche in assenza di sintomatologia che potrebbe comparire giorni o settimane più tardi.
Gli elementi di semeiotica radiografica da ricercare per scoprire, fin dal primo soccorso, una distorsione grave latente sono:
- una diastasi anomala delle apofisi spinose;
- un’angolazione anche minima a livello dello spazio interarticolare con scopertura parziale delle superfici articolari;
- una cifosi (o angolazione anteriore) elettiva di un disco, mentre i rimanenti sono in lordosi.
Le radiografie sono utili anche per mettere in luce alterazioni strutturali preesistenti, come la presenza di osteofiti, l’assottigliamento dello spazio discale e l’assottigliamento dei foramen nelle vedute oblique.
Bisogna però ricordare che le lesioni dei tessuti molli, che peraltro sono le più frequenti, non si osservano nella maggior parte di queste immagini.
Per mettere in evidenza queste lesioni, occorre procedere con l’esecuzione di esami più accurati e sofisticati come la T.A.C. e la R.M.N. che saranno indispensabili per accertare gravi distorsioni cervicali che comportino la rottura del disco intervertebrale, del legamento trasverso oppure dei legamenti longitudinali anteriore o posteriore. Infatti quando la rottura del legamento longitudinale posteriore è completa si produrrà d’emblèe una lussazione.
Il colpo di frusta è caratterizzato da una sintomatologia precoce e da una sintomatologia tardiva.
Subito si manifestano sintomi quali: la cervicalgia, la sensazione di fragilità dei muscoli cervicali anteriori e posteriori, la limitazione della motilità cervicale specie dei movimenti di rotazione e flessione laterale e la cefalea il più delle volte occipitale o generalizzata, talvolta si può manifestare un’emicrania. Solo nei giorni successivi viene riferita una sindrome vertiginosa che, in certe circostanze, assume caratteristiche di apprezzabile gravità. Il paziente riferisce la vertigine come sensazione soggettiva non rotatoria, breve, spesso evocata da un movimento del capo che conferisce un senso di instabilità posturale in stazione eretta. Si manifestano poi irritabilità e turbe dell’umore, parestesie agli arti superiori fino alle mani, e sintomi oto-neurologici e visivi come acufeni e fosfeni e difetti di accomodazione.
La sintomatologia precoce si risolve nel giro di 1-3 mesi, con scomparsa totale dei disturbi.
In un terzo dei casi permane oltre 6 mesi, una sintomatologia che si definisce “sindrome tardiva del colpo di frusta” che comprende oltre al dolore cervicale, cefalea, rigidità cervicale, brachialgia, disestesie e ipostenia degli arti superiori, disturbi vertiginoso-posturali già evidenziati nella prima fase, ma ora aggravati o stabilizzati. Ansia, depressione, insonnia sono tipici della sintomatologia tardiva e compromettono non di poco la qualità della vita.
A livello cervicale le componenti capsulo-legamentose e muscolari svolgono non solo il ruolo di stabilizzazione passiva e di controllo attivo dei segmenti cervicali, ma costituiscono anche sede particolarmente ricca di propriocettori, che intervengono nel controllo tonico posturale del capo e degli arti e rendono il distretto cervicale, ed in particolar modo il livello C2-C3, paragonabile ad un “ponte propriocettivo”.
Tali sintomi sono responsabili del peregrinare del paziente da vari specialisti quali l’otorinolaringoiatra per gli acufeni, e le vertigini; il neurologo per la cefalea, l’ansia e le stesse vertigini; l’oculista per i fosfeni e disturbi visivi di varia natura e l’internista o il gastroenterologo per la nausea, il vomito, il nodo alla gola e i disturbi della deglutizione; in ultima analisi si può arrivare a richiedere la consulenza dello psichiatra per l’ingravescente componente psicologico-affettiva che può sfociare nella sindrome depressiva già ricordata.
Si può comprendere, pertanto, la molteplicità dei disturbi che possono derivare da una distorsione cervicale, non dimenticando parimenti che il complesso corteo sintomatologico neurovegetativo è l’origine di tale esasperante peregrinare infruttuoso da uno specialista all’altro, alla vana ricerca del motivo di tali mali. Questo è peraltro il principale fattore di aggravamento della sindrome depressiva menzionata che si manifesta con discreta frequenza.
FASE ACUTA
Il riposo. E’ necessario un periodo di almeno una settimana durante il quale si limiteranno al massimo i movimenti del collo e della testa. Bisogna evitare in assoluto un protratto periodo di riposo: sembra infatti che il riposo prolungato favorisca la cronicità, mentre una pronta e precoce mobilizzazione del collo, prima con esercizi isometrici e poi con movimenti attivi, darebbe i migliori risultati.
Collare di Schanz. L’uso di un collare, convenientemente confezionato e adattato, e correttamente usato, rappresenta quasi sempre la cura più efficace, a patto di non eccedere con i tempi di immobilizzazione. Va tenuto il più possibile, soprattutto durante gli spostamenti con gli automezzi. Non v’è un canone preciso per quanto riguarda la durata dell’immobilizzazione, che generalmente si protrae mediamente per una settimana, arrivando a due nei casi più importanti; in ogni modo è proprio il medico che ne stabilisce i termini con riguardo al caso specifico e sulla base della propria esperienza personale.
E’ sconsigliabile comunque l’uso protratto di questo presidio terapeutico in quanto ormai è stato ampiamente dimostrato che i pazienti affetti dal colpo di frusta, mobilizzati in fase iniziale, rispondono meglio di quelli trattati con l’immobilizzazione per mezzo del collare. La maggior parte dei collari inoltre, avendo un appoggio mentoniero, forza la testa in posizione protrusa, aumentando così la disfunzione in estensione caratteristica di questi pazienti che sono obbligati a portare per lungo tempo il collare cervicale. Inoltre l’uso protratto del collare cervicale, mettendo a riposo la muscolatura del collo, favorisce l’instaurarsi di una minore validità della stessa che si troverebbe impreparata a eseguire la normale motilità della testa quando ne viene effettuata la rimozione.
La terapia farmacologica ha possibilità e limiti ben definiti. Di norma vengono somministrati antiflogistici, analgesici, miorilassanti e tranquillanti al fine di ridurre la sintomatologia dolorosa, di ottenere un effetto miorilassante e di sedare l’ansia che inevitabilmente accompagna il decorso della malattia cervicale. Va fatto uso di farmaci soltanto nella fase acuta e, comunque, per brevi periodi di tempo in quanto provvisti di effetti collaterali non trascurabili se ne si eccede.
La fisioterapia cura con la terapia manuale tramite le manipolazioni vertebrali, i segmenti indicati dalla sua indagine diagnostica. Finita la prima fase sarà indicata la liberazione delle articolazioni vertebrali bloccate rispettando la particolare anatomia e biomeccanica cervicale. In concomitanza del trattamento strettamente articolare si risolvono anche le difficoltà del comparto muscolare con la risoluzione degli edemi e delle contratture tramite massaggio e pompage. Il paziente sente sollievo e riesce immediatamente a muovere meglio il collo, i dolori locali ed i disturbi associati cessano.
Le tecniche applicate provengono da più di venti scuole diverse ordinate dall’indispensabile ragionamento clinico.
Spesso ci si deve cautelare dall’abbondante squilibrio del sistema simpatico con una presa in gestione molto mirata. Succede quindi che il disagio, l’ansia e le aspettative portino il paziente a stati agitativi che vanno limitati da un’ottima informazione, la giusta razionalizzazione dei disturbi, la possibilità di indovinare il reinserimento sociale per abbassare in modo sostanziale lo stress.
In caso contrario si assiste di frequente all’aumento di cortisolo che contrasta la produzione di melatonina disturbando il sonno ed aumentando ulteriormente il livello di stress (facile da esacerbare in persone soggette ad ansia, capacità cognitive ed educative non ottimali) per formare un circolo vizioso che si autoalimenta. La corretta gestione del paziente deve intervenire anche in rapporto a questo fenomeno per riuscire a trasformarlo in un circolo virtuoso in cui la riduzione di stress possa facilitare il recupero fisiologico.
La massoterapia può favorire il rilasciamento muscolare ed essere un complemento della rieducazione funzionale. Esplica i suoi effetti terapeutici mediante due meccanismi principali:
azione diretta (o meccanica) e azione indiretta (o riflessa).
- Il primo interessa le strutture sottostanti alle zone trattate e cioè i vasi sanguigni, i muscoli, le terminazioni nervose e, naturalmente, la cute e i relativi annessi.
- Il secondo stimola, ed è mediato, dal sistema nervoso centrale e periferico, risulta essere verosimilmente il più importante. Non si può trascurare inoltre l’effetto psicologico che il massaggio ha ed ha sempre avuto sui pazienti, e che fa di questa tecnica la più piacevole e conosciuta fra tutte quelle di cui la fisioterapia si avvale.
I “pompages”, lievi trazioni cervicali, favoriscono un benefico rilassamento muscolare opponendosi alle contratture riflesse.
Le mobilizzazioni vertebrali possono essere impiegate nello sbloc- co della colonna cervicale, dando un notevole sollievo; oltre eventualmente ad esercizi di chinesiterapia che consistono in un insieme di particolari movimenti o mobilizzazioni attive e passive che servono, in questa precisa circostanza, al recupero della normale funzione articolare.
La TECAR-terapia ha enormi capacità bi-fisiche e, nel caso se ne rilevasse l’utilità, la si può utilizzare per ottenere una vasodilatazione profonda, che fa seguito all’elevazione termica. Questa facilita la rimozione dei cataboliti e fa pervenire nei tessuti sostanze nutritizie ed ossigeno; in tal modo la TECAR migliora il trofismo dei tessuti, agevola la riparazione dei danni bio- logici ed accelera la risoluzione dei processi infiammatori.
Secondo la sintomatologia, ci vogliono trattamenti diversi per ogni paziente, fino alla definitiva scomparsa della sintomatologia e dei dolori. Spesso risulta importante per ottimizzare il risultato, e soprattutto come misura di prevenzione, un programma di riabilitazione. Il programma infatti deve mirare sia alla soluzione nell’immediato che al mantenimento dello stesso.
CONCLUSIONI
Appare di fondamentale importanza una diagnosi precoce e corretta delle distorsioni cervicali che originano dal colpo di frusta. Questo per attuare sollecitamente l’idoneo trattamento medico e fisioterapico per alleviare, per quanto possibile, gli importanti disturbi locali e neurovegetativi che inevitabilmente si accompagnano alla distorsione. Visto che i malanni derivati dalla patologia cervicale tendono a perdurare anche degli anni, è necessario impostare un corretto protocollo riabilitativo sulla base:
- della violenza della cervicalgia;
- del numero e dell’intensità dei disturbi accusati dal paziente;
- della rilevante contrattura muscolare;
della rigidità articolare; - delle probabili limitazioni funzionali del rachide cervicale;
- delle alterazioni posturali conseguenti.
Occorre spiegare al paziente gli innumerevoli sintomi, anche neurovegeta- tivi, che derivano dalla distorsione, il perdurare degli stessi anche per anni dopo l’evento traumatico e la necessità di sottoporsi periodicamente sia a controlli clinici che a trattamenti fisioterapici; ciò per scongiurare o atte- nuare l’inevitabile sindrome depressiva, che si accompagna agli esiti del colpo di frusta, e rendere consapevole il paziente stesso della necessità del trattamento riabilitativo anche a lungo termine, per una decorosa qualità di vita.
Infine è indispensabile ricordare che gli incidenti stradali non causano esclusivamente il colpo di frusta ma molti altri meccanismi lesivi come fratture, lussazioni, blocchi lombari o toracici e svariate altre combinazioni tra queste ed altre patologie.
Questo una volta di più ci indica che la terapia è mirata sulla persona considerata come tale, e non sulla patologia di cui ne è affetto.