Rieducazione
Ecco allora che, banalmente, un piede che passa la giornata dentro una scarpa si trova in un ambiente privo degli stimoli necessari per conservare la funzione e l’armonia; ecco che indossare dei jeans che limitano la lunghezza del passo costringono il sistema a ridisegnare (sicuramente in un modo un po’ più sconveniente) lo schema del passo depositato nel nostro sistema celebrale dai nostri antenati. Portare una cravatta che condiziona la rotazione cervicale costringe la colonna lombare a rotazioni alterate a dominanza della metà alta del tratto cervicale; il cellulare che pretende un’occhiatina ogni 3 minuti della nostra abituale giornata sollecita il nervo, ospitato nel braccio e nel collo, a tensioni che presto superano la tolleranza ideale; le ore in posizione statica che sconvolgono il programma di 18.000 passi/die col quale siamo stati plasmati nei millenni sollecitano in maniera anomala i tessuti formatisi per rispondere, e quindi “nutrirsi”, di eustress dinamici.
Ma a tutto ciò non possiamo fare fronte in modo esaustivo e inoltre c’è da dire che il pappagallo in cattività vive il doppio di un suo simile in natura.
E allora perché ci preoccupiamo di tutto ciò? Perché notiamo spesso, e con piacere, che con poco (che sia terapia manuale, un esercizio o un suggerimento) si può risolvere molto. Se è vero che convivere con tutti questi insulti ci è reso possibile dalla naturale attitudine a compensare è vero anche che questa capacità è sicuramente una capacità limitata.
Un facile trucco per conservare tutto nella sfera della sostenibilità, e quindi della salute, è quella dell’evitare l’accumulo. Il consiglio dunque è di, anziché approfittare dei compensi con dissennata disinvoltura, conservare i riferimenti e le regole della nostra natura e tenersi alla larga dalle giustificatissime sofferenze dei sistemi (articolare, muscolare ecc…) semplicemente, oltre che conducendo una vita equilibrata nella qualità del sonno, dell’alimentazione e del movimento, interrompendo l’erigersi delle conseguenze delle attività anomale, con una regolare “pulizia” delle parti muscolo-scheletriche.
In altri tempi lo si poteva chiamare “tagliando”. Mi piace ora chiamarlo: riferimento Darwin, perché liberare le articolazioni limitate, allentare i piani di clivaggio tra i vari setti muscolari, restituire lo scorrimento dei nervi lungo le interfacce in cui sono ospitati, ridistribuire le forze all’interno del ring discale, restituire lo schema di movimento che lo stereotipo ha sostituito, rimappare l’appoggio al suolo che le calzature alterano ci metta nelle condizioni di non essere la zebra più lenta, ci mette in una posizione distante dai pasticci, ci solleva da responsabilità che nessuno vuole avere rispetto il proprio futuro.
Tutto sommato è solo una questione di buone informazioni, buone considerazioni e… buone abitudini. In ciò la rieducazione, l’acquisizione di capacità motorie ordinate, ha un ruolo chiave.
ORIGINI DELLA RIEDUCAZIONE
Ma dove origina la rieducazione? Ricordiamo che uno dei primi segni distintivi della razza umana rispetto le altre forme antropomorfe è stato (conservato fino ad oggi) la sepoltura dei morti e la conservazione nel gruppo dei disabili. Questa evoluta attenzione ai simili è la base della medicina e della cura del prossimo in tutte le forme in cui oggi la conosciamo. Aiutare il proprio simile in difficoltà fintanto che riacquisti le sue autonomie è l’obiettivo principe di questo comportamento ed esattamente quello che ci auguriamo nell’eventualità spetti a noi attraversare un episodio di disabilità.
Il fisioterapista moderno origina da quei compiti post-operatori che ricopriva l’infermiera nel sostenere il malato nel compiere i primi passi per ripristinare il normale movimento.
Velocemente, nel secolo scorso, questo ruolo ancestrale si è sviluppato in tutte le parti che oggi conosciamo conservando i medesimi intenti.
La naturale evoluzione non poteva che coinvolgere tutti i tipi di problematiche, dalla lombalgia alla frattura alla chirurgia dei legamenti, all’alterazione del passo alla costruzione del gesto sportivo ecc…. Generalmente si interviene con terapia manuale per il ripristino delle parti e poi in rieducazione per riacquisire la funzione, ovvero la competenza all’utilizzo delle diverse strutture. Nella stessa rieducazione
poi, si inizierà (secondo O’Sullivan) con lo studio della sequenza motoria persa, con la stessa in un contesto di perturbazione controllata ed infine con i medesimi gesti inseriti nelle attività funzionali più vicine alle abitudini sportive o professionali del paziente.
Ad oggi molti autori hanno dato un contributo notevole nel comporre la proposta odierna della rieducazione articolati in molti aspetti anche distanti tra loro. Bisogna però riconoscere che sopra ad ogni altra didattica a fare ordine nelle scelte della condotta e degli obiettivi da perseguire dobbiamo collocare le considerazioni rivoluzionarie della dottoressa Sahrmann che, in sintesi, mette in simmetria l’attività dei muscoli mobilizzatori con quelli che garantiscono la centratura articolare.
SAHRMANN “SINDROMI DA DISFUNZIONE DEL SISTEMA DI MOVIMENTO”
Perché è possibile che una parte del corpo possa far male nonostante non sia né rotta né infiammata?
Cerchiamo la risposta pensando a come un allarme antincendio cominci a suonare solamente quando la quantità di fumo supera una certa soglia (sarebbe un problema se suonasse spegnendo una candelina). Il tema è quello della differenza tra carico (quello che faccio) e caricabilità (quello che sono abituato/allenato a fare).
Uno dei classici esempi è quello della persona che, come un orso che esce la prima domenica di primavera dopo svariati mesi di letargo, si mette a sistemare l’intero giardino in mezza giornata dopo un inverno di inattività fisica. Il risultato lo potete immaginare: schiena bloccata il lunedì mattina. Dopo mesi di ufficio o di lavori ripetitivi la schiena non poteva essere pronta a tre ore di taglio della siepe. Ed oltre a questo concetto di carico e caricabilità la faccenda è ancora più complessa.
Non è solamente una questione di forza muscolare, è una questione di allenamento ad una data attività. Se pensiamo ad un culturista fare i 100 metri ad ostacoli immaginiamo una performance poco brillante, nonostante di muscoli il culturista ne abbia parecchi.
Per riassumere il concetto ad ogni attività lavorativa e ad ogni persona, più o meno giovane, è indispensabile cucire un vestito su misura, un allenamento specifico che possa ripristinare un equilibrio adatto a quello che la persona deve fare durante la giornata, sia che si tratti di un lavoro di tipo sedentario sia che si parli di una mansione molto faticosa o ripetitiva.
La risposta ai nostri problemi si chiama, dicevamo, Shirley Sahrmann, collega americana che da molti anni lavora sulla prevenzione e sul trattamento di problematiche muscolo-scheletriche.
Possiamo scegliere se adeguare struttura a funzione e viceversa oppure affidarsi alla quota rischio. Ma se ci confrontiamo con temi a lungo termine come sedersi, faccende domestiche, lavoro, sport, ecc… presto o tardi un ostacolo lo si trova e roviniamo tutto. Allo stesso modo non possiamo immaginare di poter continuare a mangiare nutella (e magari evitare anche di lavarci i denti) senza incappare prima o dopo in una carie dentale.
Tema molto complesso quello che divide le attività muscolari in attività da stabilizzatori e da mobilizzatori.
Nel banale esempio della spalla il deltoide (mobilizzatore) non sarà in gradi di sollevare il braccio se il muscolo sottospinato (stabilizzatore) non si accorcia per tenere il tondo della testa dell’omero nel cavo della glena scapolare. Diversamente si incastrerebbe. Il nostro sistema articolare è colma di esempi simili ed è veramente indispensabile padroneggiare queste regole sottese.
Assieme a questo è necessario citare un altro tema importante: quello del TIMING. Nell’esempio precedente, il funzionamento è determinato dalla contrazione in momenti esatti che possano garantire la centratura. Se lo stesso lavoro venisse fatto poco prima o poco dopo non porterebbe ad alcun risultato.
I concetti del Sistema di Movimento si basano sulla visione del movimento come una funzione complessa, prodotta dall’interazione di diversi organi e sistemi, e per questo paragonabile a qualsiasi altro sistema fisiologico del corpo umano. I sistemi muscolare, scheletrico e nervoso sono i principali effettori del Sistema di Movimento, e producono le componenti visibili di esso: dal mantenimento della postura al movimento funzionale durante le attività della persona. I sistemi endocrino, cardiovascolare e polmonare forniscono il substrato energetico di sostegno grazie al quale il movimento può essere generato. La premessa teorica principale è che i movimenti ripetuti e le posture prolungate causino alterazioni, anche minime, nella precisione del movimento. La diminuita precisione genera microtraumi ai tessuti articolari e periarticolari e, se non interrotta, conduce a macrotraumi e dolore. Questa affermazione è alla base del modello kinesiopatologico, in cui il movimento alterato danneggia i tessuti e causa il dolore, e può meglio interpretare il dolore muscolo-scheletrico di origine non traumatica.
DIAGNOSI DI MOVIMENTO
Il compito del Fisioterapista, di conseguenza, è analizzare le posture e i movimenti per ricercare le alterazioni del Percorso del Centro Istantaneo di Rotazione (PICR) delle articolazioni.
Le alterazioni riscontrate prendono il nome di Disfunzioni;la loro classificazione, raggruppamento e categorizzazione dà origine alle Sindromi da Disfunzione del Sistema di Movimento (DSM).
Le Sindromi sono denominate in base alla direzione di movimento o allineamento che più costantemente scatena il dolore e che, quando corretta, riduce o elimina il dolore. Per la regione lombare, ad esempio, sono: flessione, estensione, rotazione, flessione-rotazione ed estensione-rotazione. La categorizzazione in Sindromi, denominate con terminologia kinesiologica, consente:
- un miglioramento della comunicazione fra i Fisioterapisti, e tra i Fisioterapisti e gli altri professionisti;
- il riconoscimento delle competenze del Fisioterapista come responsabile del Sistema di Movimento di fronte ai pazienti e alle altre professioni sanitarie,
- il raggiungimento di una guida per la prognosi,
- il raggruppamento in categorie, necessario per la ricerca e per l’individuazione dell’eziologia;
- lo sviluppo di approcci di trattamento sempre migliori.
TRATTAMENTO
Per quanto riguarda il capitolo trattamento non potranno più mancare all’interno del piano terapeutico del fisioterapista i seguenti punti:
- La correzione delle disfunzioni del movimento durante l’esecuzione di attività funzionali, lavorative e ricreative.
- L’inserimento degli esercizi nelle attività quotidiane.
- Far capire al paziente come controllare attivamente i fattori che producono i suoi sintomi in modo che non diventi dipendente da un trattamento passivo del sistema di cura.
RAPPORTO TRA PROFESSIONISTI DELLA SALUTE
Grazie a Shirley Sahrmann ed i suoi collaboratori sono sempre più frequenti incontri e collaborazioni con altri professionisti sanitari, compresi i medici, che hanno potuto approfittare dell’occasione per un vivace scambio d’idee sull’importanza del ruolo del fisioterapista nella gestione del sistema di movimento nelle diverse fasi della vita. Parafrasando una battuta di Shirley “come il medico non si preoccupa del colesterolo alto solo ad infarto in corso, così il fisioterapista dovrebbe essere in grado di valutare i segni prima che insorgano la patologia e i conseguenti sintomi”. Durante vari convegni, Shirley ha voluto sottolineare sia nelle lezioni magistrali sia nelle sessioni pratiche alcuni punti chiave. Primo fra tutti il fatto che l’imprecisione del movimento articolare causa degenerazione e dolore. Successivamente, che “si ottiene ciò che si allena”, e, quindi, solo tramite una diagnosi individualizzata si potrà fornire un trattamento efficace; di conseguenza, il modo in cui si eseguono le attività di tutti i giorni assume un’importanza centrale nel trattamento.
Se giochi a tennis, il tuo braccio diventa più muscoloso da quel lato; se fai karate ottieni adattamenti nella tua anca e gamba. Persino se ti siedi e ti lasci in posizione comoda, il tuo collo va in avanti. Di conseguenza il corpo non riesce a costruire la muscolatura per sostenersi, oppure costruisce troppa muscolatura, e destabilizza la simmetria che invece lo scheletro brama.
PREVENZIONE
Per questo Sahrmann vorrebbe che la valutazione annuale fatta da un Fisioterapista possa diventare una routine al pari di una visita dentistica. “Andiamo dal dentista due volte all’anno spendendo migliaia di dollari per raddrizzare i nostri denti, e tutto quello che facciamo con essi è mangiare o parlare”. Le persone considerano il Fisioterapista come qualcosa di generico che il loro dottore gli prescrive dopo un infortunio, continua Sahrmann. Ma analizzando il modo in cui cammini, ti pieghi, ti siedi e il modo in cui ti muovi, il Fisioterapista può prevenite gli infortuni, e diminuire la probabilità di futuri interventi chirurgici e dolore cronico.
“I bambini non si siedono correttamente, si accovacciano, così finiscono per sedersi a metà della loro schiena”, dice. “Abbiamo due piccole ossa, sulle quali dovremmo sederci per tenere eretta la nostra colonna vertebrale. Quando ti siedi con la schiena piegata, i muscoli sono allungati e non potranno funzionare nel modo ottimale”. Una fase temporanea? Forse. Ma “le ossa si adattano all’allineamento in cui le tieni”, sottolinea Sahrmann, “e la tua schiena prende la forma in cui la tieni.”
Guardare gli adolescenti camminare la fa infuriare: “I giovani non stanno utilizzando quello che consideriamo un cammino normale. Camminano senza piegare anche o ginocchia e senza fase di spinta. Trascinano i piedi. E oscillano all’indietro le loro spalle sono posteriori rispetto alle anche così i loro glutei non lavorano come dovrebbero. Tutti
questi piccoli cambiamenti nella postura seduta, ciò che è considerato di moda – persino l’abbigliamento.”
C’è stato un periodo in cui Sahrmann ripeteva: “la nuova linea della vita è la piega glutea! E come puoi camminare quando le gambe sono legate insieme dalla cintura? Le ginocchia dei giovani sono incastrate nel cavallo dei pantaloni – è spassosissimo. Però non è buono per loro. ”Negli anni passati, c’è stato un piccolo interessamento a come lo stile di vita influenza la salute. “La mia famiglia pensava di essersi ammalata casualmente di diabete o ipertensione; senza pensare alle scatolette di Crisco [ndt. Nota marca di margarina ricca di grassi idrogenati] con cui cucinava mia mamma.” Il modo in cui ci muoviamo e ci allineiamo è importante quanto quello che mangiamo, dice. “C’è una tale complessità nel muoversi, e puoi farlo bene o male.” Non è vero che siamo quello che mangiamo, siamo quello che assimiliamo. Invece, resta verissimo che siamo esattamente ciò che facciamo. I nostri movimenti ripetuti determinano la nostra forma e le usure che accumuliamo sulle nostre membra.
ERGONOMIA E ATTIVITA’ FISICA
Parlando di ergonomia, siamo sicuri che possa aiutare? “Non è semplicemente valutare se l’attrezzatura è giusta, è il tuo corpo rispetto a quella attrezzatura e quello che fai quando non sei lì”. Siamo progettati per cambiare continuamente posizione, non per sederci ingessati sulla sedia perfetta. Anche allenarsi richiede una conoscenza reale, se vuoi sollevare pesi o fare un allenamento aerobico senza compromettere la performance di tutte le altre articolazioni.
CHI E’ SHIRLEY SAHRMANN?
Sahrmann è una delle pioniere della nazione nel promuovere i concetti del Sistema di Movimento, enfatizzando le sottili, necessarie interconnessioni fra muscoli, scheletro e nervi, ma anche con cuore, polmoni e sistema endocrino. La sua carriera dura da più di 50 anni e le circostanze la hanno condotta a vedere il corpo interamente. Lei ha cominciato a lavorare alla fine dell’era della poliomielite, e per nove anni s’interessò ai pazienti con traumi cranici o ictus. Per capire i difetti del controllo motorio nelle persone con sistema nervoso centrale alterato, interruppe la pratica clinica per conseguire la laurea in neurobiologia. Successivamente, le vicissitudini le fecero incontrare un tipo differente di pazienti: atleti con dolore muscolo scheletrico. “Ho cominciato a insegnare loro a muoversi differentemente, e miglioravano per ragioni che non capivo”, dice. “Ho impiegato molti anni con i miei colleghi della Washington University per analizzare le relazioni tra movimento e dolore muscolo scheletrico.”
Lei ha scritto due libri in cui ha espresso il suo pensiero, incoraggiando a vedere il Movimento in maniera sistemica. Shirley Sahrmann saprà che di aver avuto successo quando le valutazioni dei Fisioterapisti saranno annuali, e quando ci saranno diagnosi funzionali basate sui pattern di movimento che coerentemente causano dolore: sindrome da flessione, quando la schiena si flette troppo; sindrome da estensione quando si inarca all’indietro; rotazione tibiofemorale che può condurre a problemi do ginocchio.
CONCLUSIONI
“Noi tutti ci muoviamo differentemente”. “Ho visto pazienti i cui piedi sono così callosi che non so come possano indossare le scarpe, e ho visto maratoneti senza alcun callo”.
“Ciascuno necessita di essere valutato da un esperto del corpo almeno una volta all’anno”, puntualizza chiaramente. “Penso che potremmo ridurre considerevolmente il numero degli infortuni e rallentare i processi artrosici degenerativi delle persone che invecchiano”. Ovviamente non afferma che possiamo eliminare del tutto l’artrosi – ma che potrebbe essere rallentata e i suoi effetti minimizzati. “Esiste l’evidenza scientifica del fatto che se una articolazione è lassa, o hai un infortunio, o i tuoi muscoli sono deboli, puoi ottenere dei cambiamenti artrosici”. Muoviti bene e diminuirai le probabilità di infortunio, sia che tu sia un atleta olimpionico o un campione del divano!
TENDINOPATIE
Un settore esclusivo della rieducazione è quello legato alle patologie di carattere tendineo. La disciplina a riguardo è così recente (Jill Cook) e dedicata che abbiamo scelto di trattarla in una dispensa diversificata dalla presente. Nella presente è sufficiente citare che, come lo sviluppo di un muscolo ne fa crescere la caricabilità lo stesso vale per i tendini. La verità è che i tendini non possono sviluppare volume, la loro performance, in anatomia, si traduce con l’iper-organizzazione della struttura a livello cellulare. Saranno poi gli esiti della progressione a suggerire con che carichi iniziare, come proseguire, quando introdurre le sollecitazioni di compressione, di stiramento, di molla ecc…
STEP
Anche questo altro distretto didattico della rieducazione, come quello della dott.ssa Cook, ha come obiettivo la ristrutturazione dei tessuti a livello cellulare, la loro integrità biologica e funzionale. Il programma STEP (scientific therateutic exercise progression) determina gli esercizi in modo da ricollocare le fibre lese, quindi: stimolare l’ingressi di fattori nutritivi nel disco intervertebrale che, per sua natura, è avascolare; oppure determina vettori di carichi in modo da promuovere la rimineralizzazione dell’osso fratturato inibendo le attività cartilaginee; in sede articolare invece sviluppa ripetizioni e carichi in modo che le cartilagini possano ripristinare i sette livelli di cui sono composte nella loro situazione integra ( altri esempi sono il muscolo o il connettivo…). È una disciplina un po’ sofisticata ma, come per tutte le altre formulazioni, c’è, ovviamente, un determinato profilo di paziente per il quale tutto ciò è indispensabile.
QUOTA
Come vedremo poi MET serve conservare i risultati di un programma terapeutico ma anche a trasformare i fattori predisponenti. QUOTA invece si dedica ad acquisire una posizione meno esposta, ad alzare tutti i parametri coinvolti in un disturbo legato allo scheletro ed alla muscolatura, al sistema di movimento in generale. Partiamo dal nome: se una persona ha un piccolo aereo che si alza fino a quota 2500 mt sldm va tutto bene, ma se dovesse mai superare le Alpi dovrebbe avere un pilota piuttosto bravo per evitare tutte le cime oltre che confidare in ottime condizioni meteo. Se potesse invece cambiare velivolo per potersi alzare a quota 4000 mt sldm rischi non ce ne sarebbero e non è indispensabile avere la certezza di un buon meteo.
I riferimenti sono tutti legati alle persone non condizionate che non fanno sport dalla terza media (e le superiori le hanno fatte con la giustificazione per educazione fisica). Capacità coordinative molto spesso imbarazzanti, con una rampa di scale il cuore va fuori soglia e tipicamente molto prima del fine giornata arrivano all’esaurimento delle risorse incappando alcune volte in eventi distorsivi e regolarmente a sovraccarichi scheletrici (se non c’è un filo di tessuto contrattile a sostegno queste sono le conseguenze).
QUOTA risponde alla regola: “un fisioterapista preferisce di molto 2 kg in più di muscolo (magari ben condizionato e coordinato) che 20 kg in meno di adipe”. Nonostante il motto, che delinea il senso del target, le regole sono abbastanza simili a quelle della dieta: non si smette sostanzialmente mai ma si può vivere di rendita alcuni periodi dell’anno; normalmente riprendere dopo un’interruzione è più impegnativo del solito; gran parte della faccenda la si esegue a casa con il monitoraggio cadenzato del professionista. Proprio come la dietista anche in QUOTA abbiamo alcuni dati oggettivi per controllare i risultati (perché non ci aspettiamo stabilità di risultati se non dopo molto tempo e per lunghi mesi, per anni vogliamo continuare ad alzare l’asticella delle performance). Come la dietista usa la bilancia noi possiamo controllare il lattato sotto sforzo, la soglia, il rapporto tra diametro di braccio e/o gamba rispetto la plicometria, la valutazione all’impedenziometro (per la valutazione della percentuale di massa grassa e magra)… queste cose bisogna sceglierle e istituire un protocollo di procedura.
Come funziona QUOTA? Sostanzialmente il fisioterapista individua il candidato, tipicamente un soggetto sedentario o altrettanto spesso una casalinga. Il buon risultato si raggiunge quando il paziente sovrappone la stessa responsabilità con la quale si lava i denti a quella rispetto il proprio apparato muscoloscheletrico. Si parte con due ore a settimana in palestra rieducativa per iniziare a muoversi in massima tutela per poi fare un allenamento interno ed un altro dove preferisce (molto preferibile che sia una o due corse out-door) ricordando che se spende del tempo esercitando una temperatura superiore ai 39/40° sterilizza tutta una serie di virus e batteri in modo regolare, fenomeno in grado di garantire un inverno decisamente diverso e scientificamente più affidabile di molti rimedi chimici.
Con regolarità, una volta ogni tre o quattro settimane si effettua una visita di controllo con l’impedenziometro, il plicometro ed altre valutazioni scelte in relazione al contesto come il controllo delle competenze atletiche. Con l’andare del tempo i controlli diventeranno due all’anno.
QUOTA è organizzato quindi con un certo start, un bel impegno iniziale per “cambiare le cose” e un impegno minore per “continuare a cambiare le cose” nel corso dell’anno. L’augurio è di ripetere tutto l’anno venturo perché non è una proposta “sportiva”, non è una cosa di propensione rispetto le persone in forma ma piuttosto tende ad ottenere un livello di minima, un livello “accettabile”. Una qualsiasi probabilità inferiore di incorrere nelle patologie più comuni nel mondo occidentale quali infarto, ictus, diabete, pressione alta, o più semplicemente LBP, cervicalgia ecc… in secondo ordine rende la persona più “solida” nel rispondere ai normali stressor quotidiani e circadiani (perché poi bisogna ricordare che in inverno le cose cambiano ed in primavera peggiorano di norma).
Particolarmente indicato per le persone che fanno “la stagione” che normalmente passano l’inverno in letargo e l’estate a rovinarsi con il corrispondente di una maratona al giorno: semplicemente insostenibile. Indicatissimo anche per chi tra i manager, chirurghi, rappresentatanti, gli imprenditori, tutti quelli che mangiano fuori o dormono poco. Sostanzialmente indicato per tutti quelli che hanno sempre evitato di muoversi in salute e non l’hanno mai preso in considerazione continuando a nascondersi che gli esami del sangue non vanno più tanto bene (ma tanto poi rimedio), continuando a far finta di riuscire a far le cose di sempre (ma poi non è vero), continuando a frequentare persone che per grazia o distanza non gli fanno notare che inizia a camminare in modo veramente appesantito, che quanto parla non si capisce più tanto bene quello che dice ed inizia, insomma, a schivare un sacco di verità che prima o poi il pettine raccoglierà con gli interessi. Qualsiasi sport uno faccia (compresa la stagione o semplicemente la giornata lavorativa) l’ecologia del sistema prevede che si finisca molto simili a come si è
cominciata la giornata o la settimana ovvero con lo stesso peso, stesse risorse, stessi battiti ecc… Questo lo può ottenere solo una preparazione adeguata: è molto meglio salire di cilindrata che di giri.
QUOTA non ha false promesse, non ha elementi distruttivi, contusivi o esauribili. Qui le persone incontrano un modo per crescere le loro risorse con gentilezza, competenza e professionalità. Nessuno deve incitare, fare il tifo, aggredire o motivare, qui il gioco è responsabilizzare verso un senso di salute semplice, con alcune garanzie, ma senza offrire prestazioni impareggiabili.
SPORT, ATTIVITA' MOTORIA E VITA ATTIVA... LE DIFFERENZE CHE PORTANO ALLA SALUTE
Oramai nel panorama mondiale troviamo una miriade di ricerche che spiegano quanto la sedentarietà sia dannosa e costosa per la nostra società. Non solo perché è la prima causa di morte ma soprattutto perché abbatte molto la nostra qualità di vita.
Nel 2010 fu pubblicato uno studio del American College of Sports Medicine dove risaltava che negli USA la media dei passi era di soli 5117 passi al giorno.
Spesso ci capita di chiedere ai pazienti che visitiamo… lei fa attività fisica? La risposta è: “certo.. gioco a calcetto una volta a settimana…” e magari in una giornata tipo, dello stesso individuo, non vengono superati i 5000 passi. E’ come se la mia assunzione di verdura settimanale avvenisse solo al lunedì con un paio di kg di verdura e poi niente per il resto della settimana. La verità è che diventa più stressante per il nostro organismo gestire quell’ora di calcetto che non il beneficio che essa genera.
Uso questa immagine modello per introdurre un tema a me molto caro e che faccio spesso fatica a far passare ai miei pazienti. Dovremmo smettere di pensare all’attività motoria come ad una circostanza che per forza di cose ci debba essere piacevole e divertente. Con questo non voglio disegnarla come una tortura, ma dovremmo iniziare ad interpretare l’attività motoria più come una precauzione e un ottimo strumento di prevenzione.
Proviamo a leggerla un po’ come lavarci i denti… penso che nessuno trovi piacere nel gesto di mettere in bocca un pezzo di plastica e strofinare; ma sicuramente diventa utile per evitare dolorose e costose cure dentistiche. Poi a lungo andare diventa una abitudine a cui si fa fatica rinunciare e se non sentiamo quella freschezza in bocca prima di andare a letto non siamo tranquilli con noi stessi. Il parallelismo può sembrare un po’ forzato ma
sicuramente molto calzante. Penso quindi che la prima distinzione possa essere tra sport e attività motoria. Il primo lo facciamo per divertirci, la seconda per stare bene. Quindi ben venga la partita di calcio settimanale… ma devo mettere il mio fisico in condizione di gestirla al meglio sia in ambito di performance che in quello preventivo riguardo eventuali infortuni.
Posso capire che questo passaggio risulti un po’ arduo inserirlo nelle nostre già intasate vite… ma un piccolo esame di coscienza ci dimostra che in fondo in fondo un po’ di tempo settimanale per muoverci se volessi veramente lo troveremmo… 30 minuti al giorno non sono poi un così impossibile obiettivo, figurarsi tre volte a settimana.
La seconda distinzione molto importante è la differenza tra attività motoria e vita attiva… Quando riflettiamo sulla quantità di moto legato al quotidiano pensiamo sempre alla distinzione tra il vivere in una grande città o abitare una prima periferia o provincia e a come l’individuo cittadino, più vicino all’ufficio, sia decisamente più inattivo. Considerazione valida un tempo ora sicuramente anacronistica.
La realtà è che il progresso ha portato un’auto sotto casa a tutti noi e ha coperto il nostro territorio di strade su cui usarla. Ecco che in un contesto come quello sandonatese sarà probabile che gli spostamenti avvengano sempre in auto e con la possibilità di parcheggio molto vicino alla destinazione. Cosa che in centro a Milano è ormai impossibile da anni. Possiamo dire che si è rivoltata la frittata e che in termini di passi eseguiti al giorno probabilmente nelle grandi città si cammina di più o si usa più la bicicletta che in periferia o nei piccoli centri abitati. Ciò nonostante si riscontra comunque un drastico calo del dispendio calorico medio giornaliero, dinamica generata anche da modifiche sociali vere e proprie.
Negli ultimi decenni l’ingresso nel mondo del lavoro è stato nettamente ritardato mentre il settore terziario (tipicamente sedentario) si è notevolmente dilatato a scapito delle attività agricole ed industriali, che rimangono metabolicamente più attive, nonostante la tendenza alla sedentarietà data da benefit tecnologici (si pensi al servosterzo o all’aria condizionata oramai
montati entrambi anche sulle macchine agricole solo come esempio). Ad oggi la figura lavorativa preponderante è quella dell’impiegato.
Quando parliamo di vita attiva quindi ci riferiamo alla quantità di moto eseguita dal nostro corpo durante una giornata tipo; quante volte prendiamo l’ascensore anche per fare pochi piani? Quante volte scegliamo l’auto o lo scooter anche per fare piccoli tragitti? E quante volte giriamo per diversi minuti in auto in attesa di trovare un parcheggio a meno di cento metri dalla nostra destinazione? Questi sono solo alcuni esempi di come noi potremmo, senza grossi stravolgimenti, alzare la quantità di moto quotidiana.
Cosa molto utile non solo ad un controllo del peso corporeo ma, soprattutto, ad una ossigenazione generale dei tessuti che compongono il nostro organismo ed alla tonicità muscolare. È scientificamente provato che mantenere i muscoli della schiena profondi spenti, per lunghi periodi di tempo, porta ad una riduzione dei processi ossidativi all’interno dello stesso muscolo e quindi ad una trasformazione del tessuto muscolare in tessuto fibro/adiposo. I termini di riferimento sono: ipossia (ipossia = poco ossigeno) tessutale e atrofia muscolare. Se consideriamo 8 ore di ufficio, 1 ora per pranzare e 1 ora di spostamento in auto siamo già a 10 ore di immobilità quasi totale dei distretti corporei più significativi.
Non vorrei che la cosa passasse come una stupida semplificazione… so benissimo della difficoltà di innescare alcuni meccanismi quando questi non dipendono esclusivamente da noi; mi riferisco alla gestione dei figli o di genitori anziani per esempio. Penso che la soluzione sia convincersi fermamente che la cosa sia utile, senza aspettare che siano i nostri esami del sangue o la nostra schiena a dircelo, allora ci sarà la motivazione e la determinazione per cambiare qualcosa nel nostro approccio. Il successo non è frutto di grandi slanci, ma dell’instaurarsi di giuste abitudini.
PROPONIBILITA’
Quanto detto fin d’ora non è che una parte rappresentativa di quanto contenuto nel capitolo “rieducazione” (escludendo qui tutto quello che riguarda riabilitazione neurologica e viscerale quindi respiratoria, cardiologica ecc…).
Con ciò però molte volte quello che è il protocollo ideale fatica a rispondere alle specifiche individualità del soggetto in terapia e della sua interpretazione. Vi sono quindi, per far incontrare terapia e preferenze del paziente tutta una serie di “strategie” o, se vogliamo, formulazioni, messe a punto in molti decenni durante i quali la scienza ha faticato a raccogliere le preferenze dovute. Sono quindi comparse tutta una serie di proposte, magari legate al gruppo di appartenenza, alle quali abbiamo aderito da anni. Di seguito alcuni esempi:
ANZIANI
Per quanto riguarda le persone anziane l’attenzione sarà rivolta a determinate priorità tra le quali la capacità di evitare cadute, la mineralizzazione dell’osso (in particolare del femore), il ripristino di un volume muscolare adeguato e l’orientamento verticale nello spazio. In tal senso quindi la formula ideale è costituita da uno o due appuntamenti settimanali in cui in piccoli gruppi (per non trascurare l’aspetto sociale e ridurre il percepito clinico) ci si misura con un determinato circuito di esercizi via via confrontabili col passare dei mesi in modo da poter dare delle soddisfazioni rispetto i criteri sopracitati.
ETA’ EVOLUTIVA
Viceversa, per i giovani (inteso dagli 8 ai 18 anni) si struttura un programma essenzialmente di screening col quale si fanno venire a galla quei piccoli problemi che, inevitabilmente, sono poi destinati a diventare grandi problemi se trascurati. L’intervento del fisioterapista, quindi, in un primo momento farà un esame posturale da confrontare di semestre in semestre per inserire tra questi un intervento generalmente preposto a modificare, vizi posturali, atteggiamenti sbilanciati o veri e propri dismorfismi attraverso l’uso di esercizi terapeutici via via perfezionabili.
MET: MODIFICA PARAMETRI “COSTITUENTI”
Altre volte, il paziente adulto ha, negli anni, stratificato difetti, deformazioni e abitudini tali da meritare una svolta. Cambiamenti di parametri significativo costituiti in molto tempo si possono proporre solo attraverso esercizi mirati con numeri di ripetizioni enormi. A tal proposito, come già detto, il programma MET
(medical exercise therapy) mette a disposizione l’uso dell’attrezzatura rieducativa a costi contenuti per garantire regolarità a lungo termine. Una spalla anteposta, una curva lombare invertita, un piede intra-ruotato, non sono strutture modificabili nel breve termine.
GRUPPI
Lo stesso discorso può riguardare anche adulti che non hanno esattamente bisogno di trasformare i segmenti provocativi ma che, ugualmente, hanno indicazioni cliniche importanti verso l’esercizio a lungo termine. Nascono così quindi i piccoli gruppi di lavoro per i quali si accorpano individui con obiettivi equiparabili. Il gruppo lombare ovviamente è il più probabile, ma vi sono poi altre possibilità diversificate oltre al già citato gruppo anziani; sicuramente il più completo, in termine di distretti corporei coinvolti, non può che essere quello pilates. Vi sono poi il gruppo corpo e coscienza, quello legato alla preparazione atletica, piuttosto che quelli legati ad attività specifiche come il lavoro indoor per le squadre di calcetto o simili.
CONCLUSIONI
A questo punto risulta difficile immaginare qualcuno che, se non ha bisogno di rieducazione, non possa inserirsi in uno di questi programmi così diversificati. In effetti è assolutamente vero che ognuno di noi matura in modo disomogeneo le varie capacità. Molti di noi disegnano come bambini di 5 anni ma in verità ne abbiamo 30 o 60 di anni. La verità è che anche per quanto riguarda la capacità di produrre schemi motori adeguati, fini e sani molte persone sono poco abili. Questo è un peccato perché diventa presto un fattore predisponente che interessa dapprima il piacere di muoversi, di condurre giornate più o meno dinamiche influenzando poi fattori metabolici (disturbi legati alla pressione, al colesterolo, alla glicemia ecc…) e, infine, alzano il rischio di lesione delle strutture senza per forza esser interessato da un trauma o una caduta.
Rieducazione però è, pur avendo aspetti ludici non indifferenti, mal sopportata generalmente dal paziente. Tutti noi quando abbiamo dei bisogni nel mondo della salute ci preoccupiamo quasi esclusivamente di tutti gli aspetti che si legano allo spavento e la paura di non poter tornare al lavoro o ai contesti sociali preferiti. Una volta ripristinati questi parametri la nostra performance attentiva collassa mentre invece sarebbe, ed è questo il messaggio col quale ci teniamo a concludere il documento in essere, importante occuparsi di tutti quei fattori che rendono probabile un secondo episodio o un logorio ovvio. Il gioco non è farcela a tutti i costi, la partita della vita è lunga e assicurarci il sorriso anziché i denti stretti è un obiettivo molto semplice da perseguire e un bel segno di rispetto per i familiari che ci stanno attorno.
Dott. Alberto Fabbro
Dott. Claudio Mulè
FISIOTERAPIA MULE’